personale – Galleria Moitre http://www.galleriamoitre.com Galleria d'Arte a Torino Fri, 07 Feb 2025 08:58:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Flavia Spasari – Transpose – 11 marzo / 19 maggio 2023 http://www.galleriamoitre.com/flavia-spasari-transpose-11-marzo-19-maggio-2023/ http://www.galleriamoitre.com/flavia-spasari-transpose-11-marzo-19-maggio-2023/#respond Wed, 22 Feb 2023 09:32:53 +0000 http://www.galleriamoitre.com/?p=2612 Flavia Spasari

TRANSPOSE

Inaugurazione: 11 marzo ore 18.00

Esposizione: 12 marzo – 19 maggio 2023

L’essere umano è un produttore evolutivo di prodigiosa efficacia. Biodiversità e adattamento sono assemblate nella fabbricazione del mantenimento e proliferazione della specie, che ha saputo/voluto plasmare la circostanza per farne un habitat. A tal punto da modellare l’ambiente naturale per scopo e utilità. Da ciò deriva una partecipazione che è diventata forma di pensiero: l’antropocentrismo. Il perno dell’Universo è l’uomo: in teoria, religione o atti. La sua stessa produzione (oggetto come rappresentazione identitaria) è una testimonianza, alle volte perfino archeologica, del suo passaggio. Una “passeggiata” sul prato della storia che non è mai stata così soppesata come negli ultimi decenni. Un’esistenza che nelle valutazioni dell’artista Flavia Spasari (Chiaravalle Centrale (CZ), 2000) è constatazione applicata al rimasuglio, resto mai così fisico della morte. Un trapasso che è oggetto scartato, lasciato o abbandonato, un corpo che si trasforma in cascame separato dalla sua fonte naturale ma ricollocato inconsapevolmente come nuova forma. Forma che possiede tempi, meccanismi ed evoluzioni dove l’essere umano è esentato dall’impiccio. In sostanza, natura oltre l’uomo, in una faglia che ci separa dall’origine. L’ottenimento è nuova vita. Forse, nel pensiero umano, un paradosso che ci appare inconcludente. Niente affatto. I lavori e i pensieri della Spasari c’è lo dimostrano, in una resa che non è previsione futura o fantasmagoria ma concreto presente. L’artista ci porta un pianeta che ha saputo sviluppare un’esperienza lontana dal naturale divenendo artificiale, mischiando incrostazioni tecnologiche con elementi vegetali o animali, generando forme e figure che mantengono la funzione mnemonica del materiale. Sono corpi per mezzo dell’uomo ma che di esso hanno ottenuto di farne a meno, mostrandosi non come ibridi ma autorevoli elementi da decodificare. Sono bronzo, piombo e catrame, come marmo, cavi, ferro e perfino parti di corpo ricalcate sulla pelle dell’artista che come deriva si sono allontanate dalla generatrice, in un’intima deprivazione. Hanno estetica animale, naturale o tradizionalmente conosciuta, ma sono un altro da ricomprendere. Sono organismi che ormai persistono e si modificano, in una non più inedita rappresentazione e, come sa denotare l’artista, proliferano, divergendo dall’attenzione del creatore.

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Leo Gilardi – Trial of fire http://www.galleriamoitre.com/leo-gilardi-trial-of-fire/ http://www.galleriamoitre.com/leo-gilardi-trial-of-fire/#respond Fri, 02 Mar 2018 09:29:00 +0000 http://www.galleriamoitre.com/?p=1980 Leo Gilardi

Trial of fire

a cura di Francesca Arri

vernissage 9 marzo 2018 ore 18,30

Esposizione: 10 marzo – 21 aprile 2018

 

 

…quando sono a dieci metri da te: corri

 

Genova, 21 luglio 2001 

Sono i giorni del G8, la città è in rivolta, il giorno prima Carlo Giuliani viene ammazzato in Piazza Alimonda ma la gente non ha paura e continua a manifestare. Leo ha 13 anni, non è la sua prima manifestazione, era abituato ad accompagnare il padre durante il 1 maggio, in famiglia la consapevolezza civile è un argomento della quotidianità, agire nella società fa parte delle normali regole domestiche per questo Leo è sicuramente diverso dai suoi coetanei, sa che cos’è un corteo, ne ha già fatto parte e sa come comportarsi. Quel giorno però è diverso, quella manifestazione è diversa, la situazione lo è… e Leo lo sa, gli viene detto: questo sarà il tuo battesimo del fuoco. L’opera di Leo Gilardi è un ricordo: grazie all’astrazione del digitale entriamo a far parte di un momento vissuto dall’artista all’inizio della sua adolescenza che viene riportato a noi attraverso un esperienza sinestetica. La fotografia si trasforma in scultura, arti di carta si tendono verso di noi, al di fuori delle proiezioni del video mapping che anima le pareti. Un’unica grande composizione della memoria dell’artista, espressione di un momento che ha segnato in particolare la sua esistenza ma che è, allo stesso modo, un tassello della storia e della cronaca del nostro paese. Grazie ai giornali e alla televisione, tutti abbiamo informazioni sul G8 di Genova anche se distorte dal particolare occhio mediatico che ce le ha raccontate; Leo ne conserva il ricordo dell’esperienza vissuta in prima persona, un momento esistenziale, passo tra la fanciullezza e l’adolescenza, elaborato nella sua mente che, maturando negli anni, costruisce un monumento virtuale composto dalle riprese amatoriali in contrapposizione ai servizi dei telegiornali. Il punto di vista rimane quello di un bambino colpito dalle grandi mani dei manifestanti sporche di vernice bianca e dal sangue sulle teste rotte a manganellate di donne e anziani, dal rumore della folla che scappa dalla carica della Celere e dal suono dei colpi dei proiettili di gomma, dal grande mondo gonfiabile e dalla maschera di maiale che suo padre e il suo amico usavano per manifestare. La carta è un altro strumento importante in quest’opera, prima come elemento plastico e poi come prima impronta, traccia scritta, racconto del ricordo, ripetuto più volte con parole diverse, ma sempre cronaca dello stesso momento, elaborazione di un fatto, trasposizione della realtà. Ci troviamo in un complesso virtuale costruito dalla mente di un bambino, dove le azioni vengono descritte da braccia di carta fotografica, un teatro mimico fatto dei gesti delle persone, mani che aiutano, mani che supplicano, mani che abbracciano, mani che lottano….

 

Leo Gilardi ( Torino 1987 ) membro fondatore di A.U.T. (Associazione Underground Torino), partecipa alla realizzazione delle T.A.Z. (Temporary Autonomous Zone) ed ai free party, il più importante nel dicembre 2014 dove per la prima volta vengono occupati gli spazi dismessi della FIAT. Nel 2016 apre il Mothership, un polo musicale dal carattere industriale ed è co fondatore di Studio Ma.Le.! Dal 2014 con Mattia Trevisan, da vita ad “Habitat” creando installazioni con il materiale di recupero di aziende della plastica in cui vive un piccolo ecosistema di piante pioniere. Nel 2017 il suo lavoro è stato presentato al Castello di Rivara Museo d’Arte Contemporanea.

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Liana Ghukasyan / Tocco – Segno – Taglio http://www.galleriamoitre.com/liana-ghukasyan/ http://www.galleriamoitre.com/liana-ghukasyan/#respond Thu, 25 Aug 2016 14:17:56 +0000 http://www.galleriamoitre.com/?p=1726 Liana Ghukasyan

“Tocco – Segno – Taglio”

Inaugurazione: 29 settembre ore 18,00

Esposizione: 30 settembre – 23 ottobre 2016

 

 

Prendere coscienza di se stessi non vuol dire saper dare forma al proprio pensiero. Vi sono passaggi, necessità tecniche da espletare. Pensieri che si devono ramificare. Fatto ciò, viene, per un pittore, il momento della tela. Per Liana è un approccio privato, ricercato anche nelle ore della notte, quando il paesaggio, anche sonoro, cambia. Ripenso, mentre scrivo, alle parole nel suo studio. È venuto naturale concedersi del tempo, prima di creare l’esposizione. Quali pezzi, dove collocarli, giorni per fare ed altri per scambiarsi solo pareri, tramite mail. Questo è stato dopo. Prima si è detto molto. Seduti sulle poltrone a bere del thè con lo zenzero in pezzi, che sul fondo si faceva audace, ad ogni sorso. È stato semplice concordare che il titolo dell’evento sarebbe venuto. Si aspettava, il giusto o anche no. Sarebbe dipeso dagli attori in campo. Si sono viste tele, si è pranzato, si è discusso d’Italia, di mondo, di rispettive vicende accadute. E poi è arrivato “il momento”. Tra virgolette perché è la parola che meglio rappresenta,a mio giudizio, il percorso di Liana. Niente, nella sua pittura, è faciloneria. Dettagli (spesso piccoli, gustosi per l’osservatore)sono posati con il pennello senza un’esigenza estetica. Ci devono stare e proprio li. “Tocco – Segno – Taglio” oltre che il titolo dell’esposizione, sono anche parole. Mi sarebbe venuto da scrivere, “Solamente tre parole”. Ma avrei sbagliato perché anche le singole lettere (in lingua armena o italiana) sono lavorate dalla Ghukasyan, per darle dignità oltre che senso ulteriore. Sono sui fogli come sulle tele, spesso in luoghi non visibili o meglio, poco frequentati dagli sguardi degli amatori. Come detto, tre parole. Per periodi diversi, per anni che sono passati portando frutto. Quello del ragionamento sulle proprie origini è un capitolo, che muta continuamente. Porta alla creazione di pensieri e ad opere con colori netti, pochi. Come dire, quelli che servono. Ma ci sono anche le persone, non indagate ma interrogate. Compagne niente affatto silenziose sulla tela. Ti osservano, altre sono quasi solo dei contorni. Mi ricordano pitture murali di epoca medievale, dove la leggenda e la religione potevano andare insieme, accomunati da piccoli simboli. C’è del rosso nel lavoro di Liana. Se lo porta dall’Armenia e non è lo stesso che usano tutti gli altri. La composizione non c’èntra. Mi riferisco, ovviamente, alla sua calmierata gestione. Anche in questo caso, nessuna esagerazione. E poi sta sulla tela con una consapevolezza che nemmeno il nero riesce ad intaccare. In Galleria i pezzi, come si può immaginare, sono stati selezionati con una certa cura. Non per esigenza allestitiva ma per necessità di comprensione da parte dello spettatore. C’è infatti il tocco, il segno e per ultimo il taglio. Risultato recente e che ha influenzato il titolo dato all’evento.

 

 

Testo di Alessio Moitre

 

Per informazioni sul progetto Colla, a cui la Galleria Moitre aderisce

 

http://collacontemporary.weebly.com/

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