Inaugurazione: 6 maggio dalle ore 16
Esposizione: 7 maggio – 5 giugno 2022
I presupposti del dipingere appartengono spesso ad un campo creativo che si costruisce nella consapevolezza di un percorso di studio calibrato e attento verso molteplici modelli. All’interno di questo labirinto culturale o spazio della mente, l’artista si muove alla ricerca di conferme ma spesso cerca anche di allontanarsene per poi rincasare continuamente, determinando una distanza che si vorrebbe sempre più grande con il passare delle stagioni. Si tratta di un desiderio ( da parte del pittore ) che vorrebbe ricostruire una spontaneità e spesso una freschezza nel gesto e nella campitura che appartengono solo a pochi. Di quanto sapere accumulato necessiti ad un uomo per creare è questione imponderabile e non decifrabile di fronte a qualsivoglia calcolo tecnico e progettuale, ma ha un valore per noi il trovarne una percentuale in ogni opera d’arte ultimata o battezzata come tale. Forse, e implementiamo l’avverbio con altre insicurezze, analizzando il prodotto finale si è meno claudicanti nell’assegnare appartenenze di scuola, d’origine, di tecnica o d’influenza. Stefano Fontana mi è sembrato da subito un autore generativo che si confronta con la ciclicità fenomenica della natura e la ricerca di possibili strutture nascoste che le appartengono; in seguito l’impressione repente si è calcificata nelle ulteriori conversazioni che abbiamo avviato, in città e contesti differenti. Ai suoi scritti e alle sue parole, ho sempre attribuito l’attenzione di chi non solo sa fare ma di chi cerca il granire nell’estradare oggetti di fattura pregiata. Non avrei potuto utilizzare altro verbo, almeno per l’abbrivio, se non granire che s’impersona adeguatamente seguendo i passi da materia densa e ricca di particolari concepita dapprima in uno stadio di latenza mentale, fino al riporto su tela attraverso trascrizione grafica. Mi spalleggiano, in corsivo, le sue considerazioni che in fase di progettazione curatoriale ho preteso mi rilasciasse per aiutarmi nel tragitto di avvicinamento al suo operato. Si tratta di un accostamento che vede nello sviluppo e nella formazione in riduzione, per merito di nervature essenziali e linee di forza principali, l’albeggiare del “disegno nascosto” e dell’ immagine latente. Che io abbia spontaneamente citato il “nervo” come principiante di struttura, mi ha permesso un affiancamento. Dalle prime battute delle nostre discussioni in studio, avevo adocchiato un reticolo progettuale per nulla supposto nei suoi lavori. Quel narrare di sostanza quasi opalina o ialina, era invero una precondizione ma non un ammansimento all’impossibilità della rappresentazione. C’e in Fontana una chiara ricerca nella gamma dei segni e nella definizione di un corpo formale e compositivo che non è solo idea ben temperatama bensì la strada portante che conduce alla delineazione della nuova immagine. E questa nuova venuta non è solo gestione della casualità ma anche ricerca all’interno della disciplina pittorica. La mano ha una sua mente, lo sostengo da sempre e con svariate cangiature, e il lavoro di Stefano ne è la più classica delle prove. Lui stesso me lo dice, lo verga e lo puntualizza visto che la pittura è un arte marziale che abbisogna dell’intero corpo umano, perché senza l’occhio che “vigila” il sistema di forgiatura s’impantana. Così l’educazione del “fare” si muove verso ogni scalino della realizzazione ; si amalgama con il giusto punto d’imperfezione che ad ogni compito umano si palesa. Mi era chiaro fin dai primi passi che Fontana non volesse imitare la natura o che non ne fosse assillato come taluni che stentano nel riconoscersi in una sua rappresentazione oleografica.
Infatti non c’è nel suo tragitto alcuna forzatura compositiva, nessun tendere alla copiatura e chiunque osservasse i suoi lavori non deve intendere nemmeno per un istante che si voglia armeggiare con il banale nascosto nelle proposizioni umane sul tema naturale. Senza considerare che quel grammo d’imprevedibilità che ancilla il mandato artistico di Fontana è spesse volte un deposito di impulsi, atto preparatorio alla costruzione della forma che si delinea verso una faticosa pratica di miglioramento; ben al di sopra delle spurie considerazioni sul corretto o lo sbagliato.
Questa esposizione fa seguito alla vittoria di Stefano Fontana del premio galleria nell’ambito del premio “Be Natural Be Wild” promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.